Grazie alla tecnologia, adolescenti dopo il coma riescono a comunicare

21 Gennaio ore 16.00

Grazie alla tecnologia, adolescenti dopo il coma riescono a comunicare

Grazie alla tecnologia basata su un computer portatile e un sensore posizionato sul palmo della mano è stato possibile per cinque adolescenti, con lesioni cerebrali, di comunicare efficacemente con gli altri; ma anche di dedicarsi ad attività ricreative, come ascoltare musica e di migliorare le opportunità di apprendimento in maniera autonoma.

Lo ha dimostrato la ricerca pubblicata sulla rivista Developmental Neurorehabilitation dal gruppo dell’Università Giustino Fortunato di Benevento, coordinato dal professor Fabrizio Stasolla e di cui fa parte anche la professoressa Sara Bottiroli che lavora anche all’IRCCS Fondazione Mondino di Pavia. Allo studio hanno preso parte Alessandro Caffò dell’Università Aldo Moro di Bari e Donatella Ciarmoli dell’Unifortunato.

Le persone che escono dal coma e che hanno subito lesioni cerebrali traumatiche hanno difficoltà ad affrontare le attività quotidiane. Potrebbero aver bisogno di programmi riabilitativi individualizzati, per promuovere l’autodeterminazione e l’indipendenza, utili a migliorare la qualità della loro vita.

Lo studio

Lo studio ha voluto verificare se l’uso delle tecnologie assistive, ossia strumentazioni e soluzioni tecniche, come hardware e software, può sopperire alle difficoltà. E permettere quindi un maggior margine di autonomia, migliorando la vita sociale, il processo di apprendimento e di rendimento scolastico.

Lo studio, che è durato complessivamente otto mesi, ha coinvolto cinque adolescenti e cinquanta valutatori esterni.

La sperimentazione

La sperimentazione è stata eseguita presso i centri riabilitativi di Bari e Provincia. In particolare RSSA e Policlinico. Si è basata su un computer portatile con software adattato, un’interfaccia e un sensore a sfioramento/contatto/pressione fissato sul palmo della mano dei partecipanti.

La fase di follow-up, invece, è stata eseguita presso il domicilio dei partecipanti, a 6 mesi di distanza dalla fine dell’intervento.

Durante le sessioni di lavoro i partecipanti potevano: accedere a brevi attività didattiche, come leggere, ascoltare un breve racconto, oppure eseguire semplici operazioni aritmetiche quali somme e sottrazioni; richiedere l’interazione con un genitore oppure un operatore per soddisfare bisogni primari (per esempio ricevere snack oppure bevande gradite), e/o ludico-ricreativi, come ascoltare musica oppure vedere un breve video; scrivere su un foglio word attraverso un emulatore di tastiera.

I risultati della ricerca

Dalla ricerca è emerso che: “la tecnologia, a supporto degli adolescenti con lesioni cerebrali traumatiche emergenti dallo stato di minima coscienza, ha favorito le loro opportunità di comunicazione, occupazione e/o tempo libero/ricreative, enfatizzando il loro ruolo attivo, l’impegno costruttivo e la loro partecipazione positiva. I partecipanti hanno inoltre consolidato l’apprendimento nel tempo”, come ha spiegato il prof. Stasolla, associato di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione e responsabile del Corso di Studi della Laurea Magistrale in Psicologia Comportamentale e Cognitiva Applicata dell’Unifortunato. “Questi aspetti evidenziano – ha aggiunto – come la tecnologia possa essere particolarmente utile in casi di lesioni cerebrali acquisite per pazienti con esiti di post-coma grave in stato di emergenza dalla minima coscienza, facilitando l’acquisizione della consapevolezza e il contatto con il mondo esterno da parte di questi pazienti“.

Fonte: Università Giustino Fortunato.