Gender Pay Gap: che cos’è

22 Aprile ore 13.12

In Italia, rispetto agli uomini, le donne sono pagate meno. D’altra parte, la posizione delle donne nel mercato del lavoro è migliorata in Italia negli ultimi 30 anni. Tuttavia, la parità di genere è ancora un’utopia.

In tempi moderni, il concetto di “divario di genere” è diventato un argomento centrale del dibattito pubblico, politico e sociale, richiamando l’attenzione sulle persistenti disuguaglianze tra uomini e donne in vari ambiti della vita. Gran parte del dibattito odierno sul divario retributivo tra i sessi, ovvero la grande differenza di salario tra uomini e donne, si basa sui temi affrontati in questo articolo.

Gender pay gap lavorativo: che cos’è?

Il Gender Pay Gap lavorativo si riferisce alla differenza di retribuzione tra uomini e donne per la stessa mansione occupazionale o per ruoli di pari valore. In Italia, questo divario esiste ancora e risulta addirittura essere uno dei più alti in Europa.

Il “divario di genere” o gender gap si riferisce, infatti, alle differenze sistematiche tra donne e uomini in termini di opportunità, accesso alle risorse, diritti e potere decisionale. Si manifesta in vari ambiti, tra cui quello economico, politico, lavorativo, educativo e sanitario.

Non è solo una questione di disuguaglianza salariale, ma comprende disuguaglianze strutturali e sociali più ampie, causate principalmente dal modo in cui le donne vengono rappresentate in alcune culture. In Italia, ad esempio, le donne sono considerate principalmente assistenti e aiutanti che si occupano della casa.

Di fatto, la disuguaglianza di genere è un problema con profonde radici culturali e intrinsecamente legato alla lotta al patriarcato. Tradizionalmente, i ruoli di genere sono sempre stati definiti da confini molto rigidi, relegando le donne alla sfera domestica e gli uomini a ruoli decisionali.

Pertanto, le donne sono state spesso intese come lontane dalla loro posizione di rilievo nella società e sono state per lo più ritratte come badanti e custodi del focolare domestico. Sebbene negli ultimi decenni siano stati compiuti progressi significativi, le norme culturali e le strutture sociali residue continuano a perpetuare le disuguaglianze di genere.

Non è facile identificare le cause specifiche delle disuguaglianze di genere, poiché ci troviamo di fronte a un fenomeno multifattoriale che coinvolge la cultura patriarcale, la discriminazione istituzionale, i pregiudizi contro le donne e concetti occupazionali obsoleti.

Inoltre, l’assenza di donne in posizioni di potere impedisce loro di influenzare attivamente le politiche e la legislazione per promuovere la parità.

Gender Pay Gap lavorativo: alcuni dati significativi

Esaminiamo alcuni dati sul divario di genere nel mondo del lavoro.

Sebbene l’Italia non abbia attualmente una legislazione specifica sulla disuguaglianza di genere, il regolamento Golfo-Mosca, in vigore dal 2011, è diventato un tema caldo. Questa normativa è stata emanato per combattere la discriminazione delle donne nei consigli di amministrazione delle società, imponendo alle società quotate in borsa di garantire che un terzo dei posti nei loro consigli di amministrazione sia riservato alla rappresentanza femminile.

Tuttavia, si tratta di una normativa settoriale che riguarda il mondo del lavoro e non intacca il concetto generale di gender gap, che continua a essere un problema reale in Italia.

Secondo il Global Gender Gap del 2023 del World Economic Forum, l’Italia rimane uno dei paesi in cui il divario di genere è preoccupante.

 I dati sulle opportunità e sulla partecipazione economica delle donne in Italia sono leggermente migliorati, ma rimangono in fondo alla classifica.

 Nel frattempo, il livello di istruzione è peggiorato, passando dal 59° al 60° posto, e la percentuale di donne in politica è scesa dal 40° al 64° posto. I dati sulla salute e sulla sopravvivenza sono leggermente migliorati, passando dal 108° al 95° posto.

Nel 2022, il tasso di occupazione femminile in Italia è salito a oltre il 51%, ma è ancora inferiore rispetto al 69% degli uomini. L’aumento del numero di donne che entrano o rientrano nel mercato del lavoro è testimoniato anche da un calo del tasso di disoccupazione, sceso al 9,5% nell’anno precedente.

Quindi, il divario retributivo tra i sessi esiste e persiste ancora.

Infatti, molte donne rinunciano a cercare lavoro rispetto agli uomini, perché incontrano più difficoltà.

Inoltre, si notano anche disuguaglianze legate al livello di istruzione. In particolare, le non laureate sono sottorappresentate nel mercato del lavoro rispetto agli uomini, mentre le laureate occupano più posti di lavoro degli uomini. Tuttavia, le disuguaglianze salariali rimangono evidenti.

Come fascia, secondo JobPricing, il divario retributivo occupazionale di genere, è pari a circa 2.700 euro di retribuzione annua lorda (Ral) e a 3.000 euro di retribuzione annua globale (Rga). La situazione è in miglioramento dal 2014, ma è lungi dall’essere risolta.

E se si considera il gender income gap complessivo, cioè la differenza tra i guadagni medi annui tra donne e uomini, l’Italia si colloca al quarto posto dopo Paesi Bassi, Austria e Svizzera, con il gap maggiore in Europa, con un divario stimato del 43%. Cosa ci dicono queste cifre? I dati sottolineano la necessità di azioni concrete per promuovere la parità di genere nel mercato del lavoro italiano.

Certo è vero che ad oggi, nessun paese è riuscito ad eliminare completamente il divario di genere, ma Islanda (91,2%), Norvegia (87,9%), Finlandia (86%), Nuova Zelanda (85,6%) e Svezia (81,5%) ci sono quasi.

Gender Pay Gap: le donne manager

Secondo una recente indagine, le donne che occupano posizioni manageriali e dirigenziali sono nettamente in minoranza.

La disparità è particolarmente pronunciata nel settore privato, dove la maggior parte delle posizioni manageriali (83%) e di middle management (69%) sono occupate da uomini, mentre le donne rappresentano rispettivamente il 17% e il 31%.

Se si considera il mercato nel suo complesso, la situazione appare leggermente più equilibrata, con le donne che ricoprono il 33% delle posizioni manageriali e il 45% delle posizioni di middle management.

Nel settore privato, le principali occupazioni con un’alta percentuale di donne manager sono:

  • Audit
  • Compliance e gestione del rischio (2,2% di donne dirigenti e 27,3% di quadri)
  • Legale (1,8% delle donne manager e 11,8% dei quadri);
  • Tecnologia e R&S (0,9% delle donne manager, 10,6% dei quadri);
  • Risorse umane e organizzazione (1,4% delle donne manager, 9,8% dei quadri);
  • Marketing e comunicazione (1,1% di donne dirigenti, 9,6% di quadri).

Nelle società quotate, invece, le donne rappresentano solo il 2% degli amministratori delegati (3,3% nel 2013) e il 3,8% dei presidenti dei consigli di amministrazione (2,9% nel 2013).

Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che le organizzazioni più inclusive guidate da donne ottengono risultati migliori nella gestione delle risorse umane. Per quale motivo?  Perché si migliora la reputazione aziendale e la responsabilità sociale. Non solo, viene anche promossa l’innovazione. E soprattutto, aumentano i risultati finanziari. Al contrario, la disuguaglianza di genere porta alla mancanza di crescita e alla riduzione del valore per gli azionisti. E si sa che questo ha un impatto negativo sulla crescita e sulla competitività del paese nel suo complesso.

Il segmento di mercato monitorato da JobPricing esclude gli amministratori delegati e i dirigenti con responsabilità strategiche, ovvero quelle qualfiche con gli stipendi più alti. È in questo segmento di mercato che il divario salariale tende ad aumentare ulteriormente.

Gender Pay Gap: il divario salariale

Le differenze retributive più significative riguardano il presidente del consiglio di amministrazione (che non ricopre altre cariche) e gli amministratori esecutivi. Nel dettaglio, solo tre donne compaiono tra le prime 100 persone più pagate nelle società quotate in borsa in una classifica di amministratori delegati e dirigenti stilata dalla Consob. Inoltre, per trovarle bisogna scendere fino al 66° posto. I dati evidenziano quindi che ci sono ancora delle difficoltà nel promuovere la parità di genere e persino nel promuovere le donne in posizioni di leadership.

 Fenomeni come il “soffitto di cristallo”, che indica la difficoltà pratica di raggiungere una carriera completa ai massimi livelli, e il “pavimento appiccicoso”, che indica la tendenza del segmento femminile a rimanere più a lungo nei ruoli più bassi dell’organizzazione, impediscono alle donne di raggiungere posizioni di rilievo all’interno delle organizzazioni, sia in ruoli di leadership che di base.

Il divario retributivo di genere non è solo una questione etica, ma anche un ostacolo alla crescita economica.

Gender Pay Gap: come intervenire

È quindi urgente promuovere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Le politiche di sostegno alle famiglie e alle imprese sono fondamentali per affrontare questa disuguaglianza, insieme alla promozione di una cultura della parità di genere sul posto di lavoro, anche nella sfera educativa, sociale e privata.

La riduzione delle disparità di genere richiede un approccio multiforme. Le politiche devono infatti mirare a eliminare le discriminazioni nei vari settori sopra citati, al fine di promuovere la parità in termini di retribuzione e di aumentare la rappresentanza delle donne nei processi decisionali a tutti i livelli. Inoltre, l’istruzione svolge un ruolo importante nel cambiare le percezioni e combattere gli stereotipi di genere fin dalla più tenera età.

La disuguaglianza di genere è una sfida complessa che richiede un impegno costante, politiche ben informate e un profondo cambiamento culturale. La strada verso l’uguaglianza di genere è lunga e ripida, ma attraverso l’educazione, la legislazione e la partecipazione attiva, è possibile costruire società in cui uomini e donne godano delle stesse opportunità e degli stessi diritti.